Rifiuti: archeologia del contemporaneo
Apparso nel Catalogo della Mostra: Luigi Mengoli Gnothi Seautòn n. 10. Installazione visivo-sonora De-composizione, Spongano (Lecce) 24-30 aprile 2019, pp. 15-17.

Creatività è guardare in modo non consueto, non scontato, è guardare con occhi differenti, altri, riuscendo a vedere oltre l’ovvio, a vedere ciò che non si vede, a vedere un’ulteriorità di possibilità di senso. È la visionarietà, che è propria della creatività.
Anche quest’edizione della rassegna annuale ‘Gnōthi seautón’ a cui Luigi Mengoli ci ha abituati da dieci anni a questa parte non si smentisce per visionarietà e suggestività. Questa volta l’installazione visivo-sonora che egli ci propone ha per titolo ‘De-composizioni’ e ancora una volta Mengoli fa dialogare tra loro il sonoro e il visivo della percezione sensoria, sottoponendoci a sollecitazioni originali e che hanno autenticamente il potere di farci interrogare. Due canali espressivi che sviluppano ciascuno un tema, che nel dialogo dell’installazione si intrecciano e si caricano reciprocamente, divenendo l’uno metafora dell’altro, potenziandosi così nel senso.
Il visivo: piccoli oggetti, disseminati per strada, buttati a terra, lungo le strade dei nostri centri abitati, quelle che percorriamo quotidianamente, a piedi e in auto, piccoli oggetti usurati, arrugginiti, logorati dal tempo, e deformati da noi, spesso schiacciati, dal nostro ripetuto passaggio, nella continua noncuranza con cui preferiamo calpestarli piuttosto che raccoglierli. Ebbene questi piccoli oggetti insignificanti, rifiuti abbandonati dalla nostra incuria, vengono isolati dallo sguardo di Mengoli, sottratti al loro destino di bruttezza e di ‘rifiuto’ e fatti diventare ‘altro’, sagome che suggeriscono forme. Forme che sporgono da tavole di polistirolo: in ogni tavola Mengoli ha confitto uno o più degli oggetti che ha raccolto per strada, scegliendo con meticolosa cura ogni pezzo, ogni abbinamento e poi ancora, con altrettanta meticolosa cura, i punti precisi della tavola in cui conficcarli.
Il bianco della tavola viene così disegnato dagli elementi che vi sono conficcati e che, ancora, proiettano la superficie di sé, arricchendo ulteriormente l’opera, completandola in modo sempre cangiante ad ogni allestimento. Sono veramente tanti gli oggetti raccolti ed estremamente vari, alcuni recano brandelli di etichetta che li collocano veramente lontano nel tempo, molti decenni fa. E pensare che sono tutti lì per strada, depositati anno dopo anno, quasi una sorta di stratificazione archeologica delle nostre pratiche consumistiche, le strade come tombe funerarie comuni in cui si accumulano tutti i segni del nostro quotidiano e ‘De-composizioni’ come scavo archeologico che riporta alla luce questi ‘reperti’ e li offre alla riflessione.
Il sonoro: un brano di musica elettronica composto da Mengoli ripercorrendo la lettura del romanzo di Francesca Mannocchi, Io Khaled, vendo uomini e sono innocente (Einaudi). È strutturato in tre tempi e racconta in musica i tre momenti cruciali di uno dei tanti viaggi tentati da uno dei tanti barconi che dalla Libia attraversano il Mediterraneo per giungere in Italia:
l’imbarco
“[…] ‘ma come? Dobbiamo entrare in mare a piedi, siamo zuppi, i bambini sono zuppi, è freddo, è notte, il vento’. E Husen gli ha detto di mollare tutti gli zaini, ‘niente borse, – ha detto – niente buste di plastica, niente sacchi, lasciate tutto a riva’. Le donne piangevano: ‘i miei documenti, i documenti dei miei figli. Ci sono i telefoni, lasciateci un po’ di soldi e i telefoni almeno’. E Husen si innervosiva: ‘niente, tutto a riva’”
il naufragio
“Signor Husen, signor Husen imbarchiamo acqua, aiutateci signor Husen, aiutateci. La barca si muove prima da una parte e poi dall’altra. C’è acqua, strillano, moriremo […]. Affondiamo, signor Husen, entra acqua, quelli di sotto prendono a pugni la barca, quelli in stiva muoiono”

l’annegamento
“entra acqua e manca l’aria […]. E il motore che si spegne e dall’acqua intorno odore di benzina, e la barca che va giù con noi dentro […]. Mamma ho paura, mamma ho paura. Tutti i bambini, decine di bambini insieme […], ci sono corpi che mi tirano giù, mi spingono, si aggrappano a me […]. Tutti pensano a salvare se stessi, nessuno salva nessun altro in mare […]. Cerco pezzi di legno, pezzi di barca, un’asse, una tavola qualcosa su cui appoggiarmi. […] Muovo le mani, sono confusa, ho paura, vedo sfere, cosa sono? Sono boe? […] No. Non sono sfere sono teste. Sono morti”.
Corpi sepolti nel Mediterraneo.
Ancora una tomba, ancora rifiuti. Le strade dei paesi e delle città. Il mare.
Il visivo delle tavole e il sonoro del brano di musica elettronica convivono nella piccola Cappella dell’Addolorata (detta Sant’Antonio) in piazza Bacile a Spongano – dove Mengoli ha allestito l’installazione ‘De-composizioni’ –, si fanno reciproca eco e propongono un’esperienza estetica e riflessiva che non lascia certamente indifferenti: ciascuno da fruitore vivrà la sua, lasciandosi invocare dall’elemento che più di altri avrà saputo intercettare punti densi del proprio universo simbolico e narrativo.