Il Fidia salentino
Lo studioso salentino Giovanni Cosi alcuni anni fa scoprì una vera e propria chicca archivistica riguardante Placido Boffelli che svolse attività di scultore nella Chiesa del Convento di Melpignano.
Un atto notarile del 18 settembre 1660 ci informa che padre Raffaele Monosi volendosi avvalere dell’opera di Placido Boffelli quale esperto nell’arte della “scoltura con il scarpello” e principalmente per edificare “una cappella al detto reverendro padre Rafaele nel detto convento de Melpignano“, interpellò, onde ottenerne il consenso, il padre di Placido, Tarquinio, che vantava ancora i diritti di patria potestà.
Placido Boffelli scolpì abilmente l’altare di S. Nicolò da Tolentino, tanto da ottenere nella vicina Cursi un incarico analogo da parte dei monaci agostiniani lì residenti: a Cursi egli scolpì, nel 1663, l’altare maggiore e alcuni altari laterali.
Ma chi era Placido Boffelli? Figlio d’arte, egli era nato in Alessano nel 1635 (vi morirà nel 1693) e già molto giovane acquisì fama di essere esperto nella difficile arte del “fare statue”. Aveva anche un fratello più giovane, Cesare, che pure si dedicò alla scultura. La sua fama, col passare del tempo, crebbe fino ad essere chiamato nel 1692 alla realizzazione delle statue dei Dodici Apostoli nella chiesa di San Matteo, a Lecce. In precedenza aveva firmato le dodici statue che ornano l’abside del duomo di Manduria, gli altari delle Anime del Purgatorio, di San Francesco di Sales e di San Gregorio presso il duomo di Nardò. In campo civile aveva eretto la statua equestre di Filippo IV re di Spagna e di Napoli nella piazzetta (oggi denominata Castromediano) di Cavallino. Altre statue equestri realizzò per la piazza di Sant’Oronzo a Lecce. Queste vennero distrutte nel XIX secolo: non tutti gli studiosi comunque sono d’accordo sulla loro attribuzione a Placido Boffelli. Si provò anche nell’arte dell’architettura: in tale vesta fu autore della Chiesa di Serrano e diresse i lavori della Parrocchiale di Scorrano. Probabilmente fu aiuto dell’architetto Achille Carducci nella fabbrica della Chiesa di San Matteo.
Pur aderendo al Barocco, tuttavia Boffelli ha una provenienza classicistica. Le sue staute, i suoi altari hanno un profondo equilibrio su cui si innesta l’intervento più propriamente barocco, sicché le figure vengono caricate, soprattutto nella espressione del volto, di una certa enfasi comunicativa e le linee degli altari caricate di fregi, le colonne sottoposte a torsioni. L’adesione all’estetica barocca in Boffelli emerge soprattutto quando si impegna in gruppi di statue, come per l’appunto avviene nella Chiesa di San Matteo. Il complesso delle statue viene avvertito da Boffelli con vivo senso drammatico, le figure disposte nello spazio della Chiesa è come se dialogassero l’una con l’altra, guardate tutte assieme sembrano riempire il luogo come degli attori riempiono, coi loro gesti, lo spazio scenico.
Boffelli fu consapevole della sua maestria e ben orgoglioso della sua arte. Tant’è che lasciò inciso sulla base su cui s’erge la statua di San Filippo nella Chiesa di San Matteo una iscrizione in cui si autoproclama un erede dell’arte di Fidia, lo scultore per antonomasia.
Recita la scritta:
«Haec duodena virum simulacra in sede refulgent
cujus opus Phidiae vivit hic in Placido.
Placidus Boffelli inventor et sculptor. mdcxcii»
«Queste dodici raffigurazioni degli apostoli rifulgono nella loro sede. L’arte dell’eccelso Fidia qui rivive in Placido. Placido Boffelli, scultore d’ingegno 1692».
(Grecìa del Salento-il Corsivo, settembre 1999)